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Convegno SexDem: Audio della conferenza

28/05/2010
Sessione Laicità

- Introduzione di Graziella Bertozzo

- Elisabetta Teghil: La nuova Frontiera della laicità

- Marco dell'Omodarme e Gianfranco Rebucini: Il canto del Gallo Bianco

- Sara Garbagnoli: Malan tempora currunt: usi sociali di "genere" e "razza" in due disegni di legge costituzionale di modifica all'articolo 29 della Costituzione 

- Dibattito

 

Sessione Cittadinanza

- Introduzione di Renato Busarello

- Purple Gaze: Irresistibile bianchezza! Come ripensare cittadinanza e privilegio?

- Silenzio Assordante (Radio Onda Rossa): Lotte fuori e dentro i CIE

- Barbara de Vivo: Traiettorie di omonazionalismo in Italia 

- Jasbir Puar: Omonazionalismo, Islamofobia e “pinkwashing” e i loro sviluppi recenti

- Jamila Mascat: La rivelazione dei corpi. Regole, resistenze e contrattacchi

- Elisa Giomi: Rappresentazione mediale e strumentalizzazione politica della violenza contro le donne. Analisi di un anno di telegiornali italiani

- Dibattito

 

29/05/2011

Sessione Antifascismo

- Introduzione di Titti Castiello

- Roberto Aere (Circolo Pink): Fascismo Queer

- Guido Caldiron: La politica di mamma orsa: genere ed estrema destra.

- Ava Caradonna: Privilegio bianco nelle comunità queer, nazionalismo e neo-colonialismo. L'esperienza britannica.

- Porpora Marcasciano: Fuori dai confini dell'impero: la frontiera della dignità

- Dibattito

 

Sessione Autodeterminazione

- Introduzione di Elena Biagini e Scarph

- Rachele Borghi: Chi ha paura dell'eteronormatività spaziale? Dallo spazio normativo allo spazio performativo

- Anna Simone: Contro la vittimologia: decostruire i discorsi del potere

- CLR: Autonomia, identità, autodeterminazione

- Sonia Sabelli: Lo ''stupratore immigrato'', la ''badante'', la ''puttana'': stereotipi razzializzati e genderizzati nell'Italia postcoloniale

- Konstantinos Eleftheriadis: Critiche di genere nelle rivolte di Atene del Dicembre 2008

- Dibattito

- Conclusione Convegno 

 
Roma Europride: La nostra identità non è nazionale

Europride Roma 2011

La nostra identità non è nazionale!

Scarica il .Pdf

 

Il coordinamento Facciamo Breccia sfilerà per le vie di Roma durante l'Europride 2011 rivendicando autodeterminazione, liberazione, laicità, antifascismo, antirazzismo e antisessismo.

Nel giorno in cui i movimenti LGBTIQ europei si danno appuntamento in Italia per la consueta sfilata dell'orgoglio, pensiamo sia quanto mai necessario partecipare a questo percorso rilanciando i ragionamenti politici che abbiamo sempre prodotto e dai quali ci posizioniamo come femministe, lesbiche, trans e gay di fronte al pensiero unico del neoliberismo, all'Europa dei mercati, al trattato di Schengen e alle politiche razziste e securitarie. Essere europee/i in questo momento significa essere coinvolte/i, nostro malgrado, nella difesa ad oltranza dei confini del continente per impedire la possibilità di circolazione di tutte le persone che fuggono dalla miseria e dai propri paesi di origine, alla ricerca di una vita migliore, degna di essere vissuta.

Essere cittadine/i europee/i ci investe delle più grette retoriche sui nostri corpi chiedendoci il conto della nostra partecipazione al bene comune, attraverso politiche razziste e neofasciste. Il neoliberismo risponde ad una delle più grandi crisi che lo abbiano mai investito, distruggendo le ultime possibilità di welfare e rafforzando, insieme al contributo delle gerarchie vaticane, l'ideologia della famiglia.

Rivendichiamo quindi la nostra laicità come sottrazione al potere teologico ed etico espansionista del vaticano, ma anche come sottrazione al potere economico, politico e militare degli stati europei. Entrambi perseguono il medesimo scopo: perpetuare la supremazia dell'Europa “bianca e civilizzatrice”. I diritti di cittadinanza delle soggettività LGBITQ, all'interno di quelle che abbiamo definito "democrazie sessuali", passa direttamente per la negazione dei diritti di cittadinanza di altre soggettività che sono poste al di fuori dei meccanismi di inclusione, perchè appartenenti ad altre culture, ad altre religioni, ad altre etnie, soprattutto perché soggetti “destinati” allo sfruttamento. Il rafforzamento e la difesa dell'identità di un'Europa bianca, cristiana, eterosessuale e borghese, passa attraverso i meccanismi della paura e dell'assedio e attraverso l'esclusione, il respingimento, la detenzione nei CIE (veri e propri lager del ventunesimo secolo) di chiunque attenti ad essa. E' attraverso le politiche securitarie, basate sulla retorica della difesa di quelle categorie considerate "vittime", in particolare proprio le donne e le soggettività LGBTIQ, che la difesa della Fortezza Europa viene fatta passare sui nostri corpi. La “guerra al terrore” passa tanto attraverso il bombardamento dei paesi in cui le donne portano il burqa, quanto attraverso i bombardamenti mediatici sull' “allarme stupri” o sull' “emergenza omofobia”. Questi ultimi, anziché denunciare la violenza dell’eterosessismo, strutturale nelle nostre società, criminalizzano i migranti, disegnati tutti come maschi, adulti, sessisti e omofobi e ci conducono direttamente alle sfilate “contro tutte le violenze” a braccetto con un sindaco che porta al collo la croce celtica, o alla richiesta di più controlli, più sorveglianza, più polizia, più repressione.

I nuovi fascismi si stanno assumendo il ruolo di paladini nella difesa delle "vittime", presentando l'occidente come il migliore dei mondi possibili in procinto di essere travolto dalla barbarie e dall'inciviltà, e presentando loro stessi come gli strenui difensori di quelle categorie che non sono capaci di difendersi autonomamente, perché deboli e costituzionalmente inadatte. Per stare dentro ai canoni della cittadinanza viene chiesto alle donne e alle soggettività LGBTIQ di non avanzare pretese di autodeterminazione, di essere decorose e rispettabili, di stare al proprio posto, di sventolare il tricolore e cantare l'inno di Mameli, di avere fiducia nell'Europa delle banche e della moneta unica. In una parola: di essere innocue/i, docili e brave/i cittadini/e. All'interno di questa situazione dobbiamo fare un discorso a parte per le persone trans, escluse a priori da qualsiasi possibilità di cittadinanza, escluse dalla possibilità di avere un lavoro e, molto spesso, rinchiuse esse stesse dentro i CIE, perché senza documenti, perché esse stesse migranti/immigrate. Le persone trans si trovano ad incarnare e a vivere sulla propria pelle la trasgressione dalla norma eterosessuale e l'incasellamento binario dei generi, per essere poi perseguite attraverso il ricatto del permesso di soggiorno o della non appartenenza alle etnie e alle classi sociali dominanti.

Rifiutiamo radicalmente ogni forma di vittimizzazione e ogni forma di cittadinanza e di inclusione delle donne e delle soggettività LGBTIQ in nome di politiche razziste e fasciste che creano ad arte un clima di paura e di intolleranza, criminalizzando le persone migranti/immigrate e lasciando a noi le briciole dell'elargizione di diritti finora mai effettivamente realizzata. Ad una politica omo-nazionalista basata sulla nostra adeguatezza alle categorie dei mercati, alla nostra capacità di consumo, alla nostra rispettabilità e alla nostra innocenza e bianchezza, rispondiamo: no grazie!

Alla retorica della nostra possibile inclusione in una società familista ed eteropatriarcale, che trova la sua ragione d'essere nell'esclusione delle persone migranti/immigrate, preferiamo la pratica politica dell'autodeterminazione e della liberazione, partendo da noi stesse/i, dai nostri corpi, dalla nostra capacità di costruire relazioni e percorsi di liberazione.

 

La nostra identità non è nazionale!

Appuntamento l'11 Giugno 2011 alle ore 15 in Piazza dei Cinquecento per uno spezzone auto-determinato, antisessista, antifascista, antirazzista

Coordinamento Facciamo Breccia

 

 
28-29/05/2011 - Roma: Convegno Fuori e dentro le democrazie sessuali
Fuori e dentro le democrazie sessuali
 
Santo subito!

SANTO SUBITO!

In  occasione della beatificazione di Carol Wojtyla, quello che qualcuno definì “l'ultimo papa re”, il dibattito in ambito laicista e cattolico riformista è: “ma fu santo davvero?”

E giù a giocare con le ombre e le luci di un regno durato 27 anni, durante i quali l'occidente ha dato il peggio di sé, in termini di guerra e neocolonialismo. Ma Wojtyla, come lui stesso ebbe a dire, veniva da lontano, da oltre quel confine che aveva marcato il limite all'espansione della coca cola e dei mc donalds, che impediva di fatto la colonizzazione mondiale chiamata neoliberismo.

Wojtyla fu santo davvero, così come gridavano “le folle” nel 2005, santo protettore della chiesa cattolica. Il santo che nel salvare la chiesa cattolica dalla sparizione, ha salvato l'intero sistema che avrebbe potuto usarla per controllare i conflitti che lo stavano minando.

La cortina di ferro non serviva più, per questo è sparita in maniera quasi indolore rispetto al terrore creato intorno-accanto-sopra quel muro. E i mattoni del 1989 furono soltanto souvenir per ragazzi e ragazze che stavano crescendo col mito di una nuova folla: quella che Wojtyla stava radunando alle giornate mondiali della gioventù, dopo le folle polacche intruppate dietro alla croce di Walesa e quelle cilene di fronte alla finestra di Pinochet, che sarebbe diventata la folla di oggi, quella dell'equidistanza, dell’indifferenza, dell’autoassoluzione, del consumismo neoliberista, dell’individualismo, della violenza razzista, del branco sessista, della dignità della nazione.

Quando Wojtyla fu eletto, nel 1978, la Santa Sede aveva rapporti diplomatici con 85 Stati, e quando morì, nel 2005, con 174. Perché non farlo santo subito, allora? Invece no, per ora solo una statuetta, più piccola di quella di padre Pio, che lo stesso Wojtyla santificò, per far contente quelle folle che stava conducendo, provetto pifferaio magico, verso l'oblio dei propri diritti e della propria libertà.

Sì, perché Wojtyla fu il santo delle folle, e che cosa rende forte un regime se non la folla dentro alla quale si smarriscono autodeterminazione e consapevolezza di sé, dei propri diritti, dei propri desideri?

Il primo maggio non è mai stata la festa del lavoro, ma la festa di chi lavora e lotta per la propria autodeterminazione contro chi la/o sfrutta. Wojtyla ordì una prima trappola a questa giornata nel 2000 cercando, complici i sindacati confederati, di trasformarlo nel giubileo dei lavoratori, davanti alle folle di papa boys a Tor Vergata. Quest’anno la chiesa di Wojtyla e di Ratzinger - i cui nomi si sono intrecciati in un ventennio di encicliche e documenti sessisti ed omofobi – tenta il colpo finale sul primo maggio: cancellare la giornata delle lavoratrici e dei lavoratori e impiantare nella stessa data il giorno del beato Karol. Ebbene, da Facciamo Breccia gli 007 che lavorano tra i movimenti dell'area antagonista per impedire “azioni eclatanti”, come recitano le agenzie di stampa, non devono temere nulla: a san Wojtyla preferiamo necessariamente san precario, santo patrono di sfrattati/e, poveri/e, sottooccupati/e, sfruttati/e, ricattati/e, Co.Co.Co, assunti/e non in regola e dipendenti a termine. Invocato contro liberismo, caporalato, infortunio senza copertura, cooperative e mobbing! Perché san precario parla delle nostre vite. Perché nemmeno un bagno di folla mediatico e medioevale al contempo, bipartisan e globale, potrà cancellare le lotte e il conflitto contro lo sfruttamento e la precarietà, per l’autodeterminazione!

Quindi Wojtyla santo subito ma noi e milioni di altre ed altri non ci saremo, impegnati/e nella lotta per le nostre vite!

 
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