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Anniversario della Breccia di Porta Pia: esercizi di revisionismo
breccia di porta pia
 
 
 

ESERCIZI DI REVISIONISMO

 

20 settembre 2010: Centoquaranta anni dalla breccia di porta pia, dalla caduta del regno pontificio, dalla fine dei papa re. Si avvicinano le commemorazioni nell’ambito del “grande evento” dell’unità d’Italia tra retorica del tricolore, rispolvero di fasci littori, insabbiamento da camice verdi. Le celebrazioni dell’anniversario della breccia le gestisce Alemanno, il sindaco con la celtica, il quale, con serena pace di ogni parte politica (cioè due parti: il blocco di potere che governa e quello che lo lascia governare), si è prefisso l’obiettivo di arrivare a una commemorazione “condivisa” con la Santa Sede. E non solo alla commemorazione condivisa, ma a “Roma Capitale” condivisa. Con buona pace della “breccia di porta pia”, la cui direzione è mutata: dal Vaticano stanno ora entrando in Italia i “bersaglieri” con le tonache.

Così come Mussolini può essere definito un grande statista, Pio XII salvatore di ebrei, allo stesso modo, esercitandosi solo un po’ di più nell’arte del revisionismo, la breccia di Porta Pia può essere issata a simbolo della santa alleanza tra chiesa e stato e magari Pio IX – colui che nel 1854 proclamava il dogma dell’Immacolata concezione, che riaffermò la centralità del potere papale e ne ribadì l’infallibilità, lanciò anatemi contro la libertà di pensiero, di coscienza, di insegnamento, responsabile di stragi di rivoluzionari, accusato a livello internazionale di antisemitismo, noto anche a livello popolare per l’imprecazione ancora diffusa nelle campagne del nostro paese “accidenti a Pio IX!” – campione di laicità, libertà, progressismo.

«La guerra è pace», «La libertà è schiavitù», «L'ignoranza è forza» recitavano gli slogan del partito del grande fratello ed oggi ne abbiamo capito profondamente il senso in un paese dove le lavoratrici e i lavoratori che lottano per difendere diritti acquisiti ostacolano il rilancio dell’impresa, le antifasciste e gli antifascisti sono intolleranti verso il fascismo e così via. 

D’altra parte la subalternità e connivenza della politica istituzionale di entrambi gli schieramenti ha garantito al Vaticano una voragine, altro che breccia, clericale nel tessuto sociale dell’Italia attraverso una  posizione di privilegio nel rapporto con lo stato italiano che le garantisce, oltre che di essere ben difesa dai principî costituzionali, il radicamento nelle istituzioni del paese. Tra le conseguenze più pesanti citiamo lo scandalo dell’8 per mille attribuito per l’80% alla chiesa cattolica a fronte del 30% di preferenze espresse, l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica a spese dello stato, l’inserimento a pieno titolo della scuola confessionale nel sistema pubblico dell’istruzione, l’esonero dal pagamento dell’ICI.

Ma il Vaticano, con Wojtyla e ancor più palesemente con la dirigenza Ratzinger, pur mantenendo tutti i privilegi concordatari, non accetta limiti ed interviene a più riprese su questioni che riguardano il governo di un Paese, in particolare detta regole su materie come sesso, procreazione, libertà di ricerca scientifica fa politica attiva dai pulpiti, dal soglio pontificio, da ogni canale televisivo, nelle piazze.

Ed ecco allora che il Vaticano ha tutte le ragioni per festeggiare con i fascisti romani la “nuova” breccia di porta pia.

Facciamo Breccia, in direzione ostinata e contraria all’invasione delle tonache, non ha nulla da festeggiare, se non la propria volontà di mantenere vivida la memoria storica e di denunciare, ancora una volta, come l’alleanza di due entità di estrema destra come quelle romane possa solo portare, per usare le stesse parole di Pio IX, ignoranza, schiavitù e guerra.

 

Coordinamento Facciamo Breccia

18/09/2010

 
 
Ciao Marcellona

Ciao Marcellona, la nostra papessa! (Verona, 2006)

Marcella Di Folco ci ha lasciate oggi, 7 settembre 2010.
Condividiamo con il MIT il dolore per la perdita di una compagna eccezionale, che tante volte ha saputo stupirci e volare più in alto di tutt* noi.

http://www.mit-italia.it/

 habemus papessam  our beautiful papessa
 
Judith Butler rifiuta il premio ZivilCourage conferitole dal pride di Berlino

Pubblichiamo di seguito la traduzione del comunicato rilasciato dal gruppo SUSPECT in relazione al rifuito da parte di Judith Butler del premio ZivilCourage conferitole dal Pride di Berlino. La motivazione della filosofa: “Devo prendere le distanze dalla complicità con il razzismo”.

Link al comunicato - Link al blog NO Homonationalism

Per la consonanza di analisi pubblichiamo anche il link all'audio dell'incontro organizzato da Facciamo Breccia e Laboratorio Smaschieramenti tenutosiil 1° Giugno in occasione del Festival Sociale delle Culture Antifasciste a Bologna. Titolo dell'incontro: Repertori della sessualità e politiche razziste nelle società multiculturali: derive a destra dei movimenti di liberazione?

 

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ROMA PRIDE 2010: noi non ci saremo!

ROMA PRIDE 2010: NOI NON CI SAREMO

         A Roma, negli ultimi mesi, sono accadute cose talmente sconcertanti e rilevanti in merito al Pride della Capitale del 2010 da indurre molte Associazioni, gruppi  e singoli/e ad una riflessione comune, avvenuta nella sede del Circolo Mario Mieli in tre riunioni molto partecipate e ricche di diversità.

         Dopo un’ ampia analisi della situazione politica attuale del movimento lgbtiq e dei fatti di Roma, le Associazioni, i gruppi, i/le singoli/e che sottoscrivono questo documento hanno deciso di non aderire a Roma Pride del 2010, per ragioni sia di metodo sia di sostanza politica, che riassumiamo con poche righe non esaustive ma indispensabili.

         Il comitato che organizza e promuove il Roma Pride, costituito alla fine da sole quattro associazioni romane, ha effettuato una serie di operazioni, da aprile ad oggi, tali da impedire modalità di costruzione condivisa. Prima sono stati contestati i Pride precedenti e si è richiesta una nuova entità organizzatrice a ridosso dell’evento, invocando maggiore collegialità ma estromettendo dalla costruzione tutte le realtà non della Capitale, per la prima volta dal 1994. Poi si è perpetrata una messa in scena di falsa democrazia attraverso il passaggio di due brevi workshop di proposizione di idee sotto  la guida  di una psicoterapeuta, delegando poi le decisioni sostanziali a piccoli gruppi di lavoro scollegati fra loro. Successivamente si è spostata la data dell’evento dal 12 giugno al 3 luglio, incomprensibilmente verso un periodo più infelice per la partecipazione e contro una decisione assunta a febbraio durante un incontro nazionale di  movimento  a Napoli, questo mentre i gruppi di lavoro in teoria dovevano ancora decidere in raccordo fra loro. Analogamente l’ufficio stampa ha scelto e resi pubblici slogan, data e logo prima che si pensasse a quale dovesse essere l’essenza del documento politico da stilare, capovolgendo la logica di qualunque manifestazione esistente. E via discorrendo, con tante e tali “novità” di cui via via si prendeva atto senza alcun vero confronto politico. E potremmo continuare. Un Pride che si autoproclamava “di tutti” è diventato nei fatti di pochi, in particolare di sole quattro sigle.

         Si è perpetrata una involuzione sostanziale dei contenuti politici, a partire dallo slogan e dal comunicato stampa di annuncio della manifestazione: questo Pride trova la sua rivoluzione nei i baci e nell’affettività, cioè in quanto di più blando e generico esista, con la sconvolgente amnesia delle pietre miliari e quarantennali delle lotte di movimento lgbtiq, ovvero orgoglio, liberazione, visibilità, autodeterminazione, sessualità, lotta per i diritti, laicità etc. Si è compiuta inoltre una regressione culturale di cui forniamo solo alcuni degli innumerevoli esempi: la rinuncia alla politica costruendo un Pride che passa attraverso una psicoterapeuta; la perdita dell’uso del femminile nel linguaggio; l’irrilevanza della questione transessuale (persino nella esiguità impressionante di persone trans nel comitato), salvo talune richieste di specifici interventi normativi nella piattaforma rivendicativa più lunga della storia, talmente tecnica da sembrare una tesina da giovane avvocato lgbtiq; l’uso smodato del vittimismo; la ossessiva  e plumbea richiesta di supporto di polizia e telecamere; la perdita del senso della storia e delle indubbie conquiste sociali e culturali ottenute dal movimento; l’idea che le Associazioni hanno fatto il loro tempo e devono fare passi indietro, salvo poi dirigere il tutto attraverso poche persone che nelle Associazioni ci stanno da decenni o ne hanno attraversate parecchie, e magari militano anche nei partiti; l’uso spregiudicato delle vicende di cronaca di transfobia e di omofobia, ignorando le prime e strumentalizzando le seconde come spot davanti ai media, magari appropriandosi anche di iniziative altrui (vedi la fiaccolata organizzata da We Have a Dream il 30 maggio scorso), rilasciando dichiarazioni alla stampa e appiccicando cartelli con il logo del “proprio” Pride sul petto di chi ha promosso, dietro alla sola bandiera rainbow, una manifestazione di solidarietà e di risposta agli episodi di violenza. E potremmo continuare.

         Si è sostanziata una marginalizzazione delle realtà lgbtiq di area culturale di sinistra e si è proposto un indistinto qualunquismo politico, basandosi su un progetto ipotetico di trasversalità che vuole andare a tutti i costi a scovare una sensibilità della destra italiana verso le tematiche gay, lesbiche e transessuali che nella realtà non esiste, se si escludono rare e in fondo doverose estemporaneità istituzionali o amministrative. Si è arrivati a preoccuparsi più della questione della necessità e volontà di cercare sponde a destra, anche in quella cosiddetta "estrema", che coinvolgere nel Pride i collettivi universitari e non, i centri sociali, le femministe, i partiti, i sindacati, le Associazioni che si occupano di diritti umani, le radio e le televisioni che aprono al territorio, i testimonial sensibili, migliaia di cittadine e cittadini comuni che nel Pride hanno visto negli ultimi anni un momento essenziale per stare insieme con consapevolezza e gioia, reagendo all’involuzione politica e sociale del nostro Paese. Ci si è naturalmente preoccupati  di non dimenticare nel documento politico la parola antitotalitarismo, affinché la parola antifascismo non rimanesse sola ed inequivocabile.

C‘è talmente più realismo del re, che ci si preoccupa di evitare qualunque possibile polemica con l’amministrazione di turno (comunque guarda caso di destra), risolvendo persino le questioni politiche con un semplice e docile “ci ripensi” rivolto al sindaco Alemanno, che si dichiara contrario ad una legge contro l’omofobia e la transfobia  E potremmo continuare.

         Ma ci fermiamo nell’elencazione dei vari motivi che ci allontanano da questo Pride non perché non  ve ne siano altri, ma in quanto riteniamo che quelli esposti siano già sufficienti per spiegare un atto così serio ed inedito da parte nostra.

         Ci sentiamo orfani/e quindi di un appuntamento vero, vitale, condiviso, ricco e coinvolgente quale è stato fino ad oggi il Pride romano, significativo per tutta la comunità lgbtiq italiana e per la città di Roma. Non riusciamo in nessun modo a riconoscerci in nulla di ciò che Di’Gay Project, Arcigay Roma, Gaylib Roma e Azionetrans, ovvero il Comitato del Roma Pride 2010, hanno realizzato a testa bassa sino ad ora, senza nemmeno un attimo di ripensamento. Quindi con dolore immenso non aderiamo al Pride, con  la scelta condivisa che ogni Associazione firmataria, se vuole, possa trovare liberamente proprie modalità di presenza per i propri associati e prendiamo le distanze dall’atto di destrutturazione metodologica, politica e culturale che si è perpetrato ai danni di un appuntamento da sempre e da tutto il movimento italiano sentito e ritenuto importantissimo . Ci aspettavamo da parte del comitato un qualche momento di consapevolezza del crescente sfaldamento, soprattutto dopo le continue critiche piovute da ogni dove e dinanzi al progressivo rimanere da soli. Non c’è stato nulla, non si capisce se per incapacità politica e inesperienza, o per la precisa volontà di provocare una spaccatura nel movimento. Noi vogliamo invece ristabilire modalità serie di coesione e fiducia, ribadire contenuti e storia del movimento, rilanciare percorsi di costruzione politica. Bisogna riattivare un dibattito vero, ribadendo vigorosamente lo spirito di liberazione di Stonewall. Su questo solco è quindi indispensabile continuare il percorso sia di lotte per i diritti e tutele verso coppie e singoli/e lgbtiq, sia di battaglie più ampie per una società più libera, come quelle contro le politiche di repressione e strumentalizzazione sui corpi delle persone trans, di donne e di migranti, contro il pacchetto sicurezza (come non ricordare i Cie – Centri di espulsione), contro la privatizzazione dei servizi e dei beni comuni, e via discorrendo. La nostra mancata adesione è un atto di vera assunzione di responsabilità, l’unico possibile rimasto: non nel nostro nome tanta pochezza di contenuti, manifesta incapacità e tanta mistificazione, non nel nostro nome la ricerca di visibilità di pochi. Non ci sarà da parte nostra nessun atto se non questo: noi non ci saremo. E non andremo nemmeno a inizio parata a cercare solo le telecamere per comunicare urbi et orbi la nostra distanza, come ha fatto in passato chi si è ricordato di amare tanto il Pride solo quest’anno, che l’ha voluto organizzare a tutti i costi e a modo proprio. Andremo invece tutti ed tutte a Napoli il 26 giugno, a sostenere un Pride che condividiamo e sentiamo nostro, anche se la gioia di quel giorno non colmerà il senso di perdita umana e politica del Pride di Roma, stracciato e mortificato come un pannetto inutile in mano a pochi in totale smarrimento.

 

 

ASSOCIAZIONI / GRUPPI / MOVIMENTI FIRMATARIE/I

4Four - Fourzine.it

Amigdala - corpi vari generi diversi

Antagonismo Gay Bologna

Associazione Culturale Gender

Associazione Libellula Trans

Associazione LLI – Lista Lesbica Italiana

Azione Gay e Lesbica Firenze

Cime di queer collettivo - Queer Bari

Circolo Lesbico Drasticamente - Padova

Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli

Circolo Maurice - Torino

Circolo Pink - Verona

CLR Coordinamento Lesbiche Romane

Coordinamento Facciamo Breccia

Collettivo bears of naples

Collettivo MAlefimmine

Comitato Gay e Lesbiche Prato

Controviolenzadonne.org

Coordinamento Trans Sylvia Rivera

Coq Madame

Corpolibero – Coordinamento lgbtiq di Rifondazione Comunista

Desiderandae Associazione Lesbica Separatista - Bari

Frangette Estreme - gruppo queer Bologna

Fuoricampo Lesbian Group - Bologna

GayRoma.it

Glamorama caffè queer - Bari

Il collettivo tilgbq "Sui Generis"

Laboratorio di genere "Le Malefiche"

Laboratorio Smaschieramenti - Bologna

Ladyfest Roma

LAI - Lesbiche Antifasciste in Italia

La mela di eva - collettivo di femministe e lesbiche

La Roboterie

Leather Club Roma

Le Ribellule

M.I.T. - Movimento Identità Transessuale

Movimento Omosessuale Sardo

Newsletter Ecumenici

Open Mind Catania

Pantere Rosa - sinistra critica

Polis Aperta

QueerInAction

REFO - Rete Evangelica Fede e Omosessualità

Rete Agatergon

RETE RAINBOW ROMA - Centro Italia

Soggettività Lesbica - Milano

Spazio pubblico Autogestito Strike (Roma)

Subwoofer Bears

Tavolo LGBTQ* Trento

Zeroviolenzadonne.it


PRIME/I FIRMATARIE E FIRMATARI

Alessandra Marinucci

Diego Tolomelli

Fausto Perozzi

Marcella Di Folco

Massimo Quinzi

Porpora Marcasciano

Nicole De Leo

Laurella Arietti

Valerie Taccarelli

Massimo Vario

Federica Pezzoli

Paolo Violi

Samuele Benedetti

Ugo Malatacca

Gianluca Manna

Franco Salaris

Manuel Savoia

Saverio Aversa

Mauro Cioffari

Valentina Colozza


ADESIONI PERSONALI

Tatiana Palermi, Beppe Ramina, Anita Sonego, Enrichetta Ripa, Adriana Cremonese, Anna Simone, Layla Buzzi, Roberto Valentini, Serena Marcianò, Francesco Macarone Palmieri, Massimiliano Berardi, Marino Buzzi, Federico Boni, Anna Muraro, Yari Boni, Lucio Di Nardo, Stefano Centonze, Enrico Giordani, Alessia Kirchemajer, Rino Varrasso, Gianna Foschi, Cristina Ibba, Nathou Boumendil, Mariapia Toran, Stella Chessa, Carlo Saccà, Giorgio Morelli, Eleonora Tadolini, Monica Pepe, Simone Franchini, Michele Pisicchio, Diego Carrisi, G.Carlo Girolami, Danilo Torresan, Fabiana Fabbri, Roberto Scrivano, Flavio Mazzini, Massimiliano Ceccani, Fabrizio, Bianchi, Paola Guazzo, Giovanna Nini, Bernardo Luis Viteritti, Mauro Grassano, Laura DeMicheli, Simonetta Spinelli, Gianni Pupparo, Bruno Pompa (Arcigay "il Cassero"), Maria Grazia Negrini, Giorgio Preziuso, Giulio Garuti, Gabriella Di Lauro, Nunzia Scano, Sonia Savi, Mariella Biancone, Claudia Fiore, Alberto Bigiarelli, Maurizio Benazzi (Newsletter Ecumenici - Presidente), Valerio Motta, Paco Nazim, Stefano Marchesi, Luki Massa, Vito Raimondi (Polis Aperta), Giordano Novielli, Francesca Zoppi, Elisabetta Natalia, Laura Rastrelli, Daniele Angioni, Alessandro Carbone, Massimo De Pascale, Massimo Falchi, Leila Daianis, Daniele Catena, Anita Sonego, Mauro Santucci.

 

 

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